Un
giorno, passeggiando fra le nubi del Luogo Santo con le mani dietro
la schiena, il vecchio Simatro, angelo custode a riposo, incontrò il
giovane Miro, che come al solito se ne andava in giro con passo
frettoloso e lo sguardo intensamente pensieroso.
“Ciao
Miro!” salutò il vecchio angelo con voce calma.
“Oh...
ciao Simatro” rispose Miro senza quasi alzare la testa né
accennare a fermarsi.
Simatro
si fermò, si voltò a guardare l'amico e dopo un lungo istante di
osservazione disse tra sé: “Mah...”. E riprese la sua
passeggiata con passo tranquillo.
Il
giorno dopo, più o meno alla stessa ora (che per quanto eterna era
comunque un'ora precisa), il vecchio angelo faceva i suoi soliti
quattro passi quotidiani.
Ed
ecco a pochi metri sopraggiungere Miro. Di nuovo, cordialmente,
Simatro lo salutò con voce pacata. Miro, oltrepassato l'amico, si
fermò di colpo, si girò di scatto e disse asciuttamente: “Ciao.
Scusa ma ho delle cose da sbrigare” E poi riprese il suo cammino.
Simatro rimase un po' perplesso di fronte all'atteggiamento del
giovane angelo e dopo aver borbottato “Mah...!” si diresse verso
la sua dimora.
Una
volta arrivato a casa ripensò a quegli strani incontri con Miro. Si
chiedeva cosa gli fosse successo, era sempre stato immerso nei suoi
pensieri, ma non si era mai comportato così. D'un tratto ebbe come
un'illuminazione: si ricordò improvvisamente che il suo giovane
amico teneva una mano nascosta all'interno della manica della veste.
Il giorno dopo avrebbe indagato.
Fu
così che l'indomani, sempre alla solita ora, passeggiando
tranquillamente per le nuvole del Luogo Santo, vide Miro e lo chiamò,
ma il giovane alla vista di Simatro cambiò improvvisamente
direzione. Deciso a comprendere cosa stesse mai succedendo a
quell'angelo talentuoso, Simatro andò alla ricerca del suo
supervisore.
“Sono
giorni e giorni che lo cerco anch'io,” gli disse quest'ultimo
“dovrebbe farmi avere la sua relazione periodica, ma da quando l'ha
chiamato l'Arcangelo Superiore, non riesco a rintracciarlo”
'E
che c'entra ora l'Arcangelo Superiore?' si chiese Simatro dopo aver
lasciato il supervisore. “Mah...!” disse sottovoce mentre si
avviava verso casa.
Dopo
alcuni minuti ecco Miro sbucare da un corridoio laterale; andava
talmente di fretta che rischiò di buttare a terra Simatro e
nell'urto tutto quanto sorreggeva con una sola mano finì per
spargersi tutt'intorno.
“Oh
scusami, Simatro, non avrei voluto urtarti” disse Miro raccogliendo
le sue cose ”ma vado di fretta e ho mille cose da fare”
“Un
momento angelo bello!” disse Simatro tenendo Miro per un braccio
“Si può mai sapere che ti succede in questo periodo? E vuoi dirmi
perché hai sempre quella mano nascosta nella manica?”
Miro
sorpreso da quella domanda non riuscì a far altro che ammutolirsi e
tenere gli occhi fissi sull'amico.
“Be'?”
gli chiese Simatro ”Pensi che non me ne fossi accorto? O non te
n'eri accorto nemmeno tu?”
Continuando
a tenere la bocca chiusa Miro mostrò la mano: era piuttosto
ingrossata e tumefatta. ”Oh per il cielo che mi accoglie!”
borbottò Simatro vedendo com'era conciata quella mano. “Che é
successo?”
“Hai
saputo...” cominciò a dire Miro con un filo di voce “che...
l'Arcangelo Superiore mi ha affidato... un incarico speciale”.
“Sì,
ho saputo che ti aveva fatto chiamare, ma non per quale motivo”
ribatté Simatro.
“Dovevo
occuparmi di un tipo che a breve si sarebbe messo nei guai...”
Visto
che il giovane angelo non continuava il suo racconto, Simatro lo
incalzò: “Be'? Che è successo?”
“E'
successo che...” continuò l'altro un po' incerto “ci sono
riuscito solo a metà: quando mi sono reso conto che il mio protetto,
distratto a fare altro mentre guidava, sarebbe andato inevitabilmente
a sbattere, ho avuto l'impulso di metterci la mano... perché non si
facesse troppo male... e questo” aggiunse guardandosi la mano
gonfia “è il risultato!“.
“E
perché lo vuoi nascondere?” chiese il vecchio amico.
“Be',
perché è il segno del fallimento della mia missione” rispose Miro
dopo qualche istante.
“Mio
caro Miro,” disse Simatro mettendo un braccio attorno alle spalle
del giovane angelo “il fatto che la tua mano sia diventata una
specie di guantone appiattito e raddoppiato di misura, non significa
che hai fallito, anzi! Hai fatto il tuo dovere fino in fondo! Ciò
che devi ancora comprendere bene è che gli umani, per quanto attenti
e presenti, sono degli esseri un po' particolari, perché finché non
sbattono il naso non capiscono che nella vita per far bene le cose
bisogna farne una alla volta”.
Nessun commento:
Posta un commento