domenica 11 marzo 2012

Essere vivi

“Che cosa vorrà dire essere vivi?” si chiese un bel giorno la Morte “Che sensazioni darà vivere? Mi piacerebbe proprio scoprirlo prima o poi!”
Non è che le ci volle molto per deciderlo, perché appena un secondo dopo averci pensato si impossessò della vita di un uomo che stava spensieratamente passeggiando nel parco della sua città.
Gli ci volle un po’ di tempo per adattarsi al nuovo status di essere vivente...
Gli ci volle...? O le ci volle...?
No, perché il dubbio esiste: la Morte è maschio o è femmina? E’ donna o uomo? Qualcuno ha una risposta?
Intanto, visto che il corpo di cui la Morte quel giorno si servì per saziare la sua curiosità era quello di un uomo, lo considererò maschio.
Be’, non è il caso di lanciare i soliti slogan del tipo “sei un maschilista, adeguati ai tempi che le donne ora sanno farsi intendere!” Stereotipi! Da quando si sventola la parità dei sessi non ci si capisce più nulla! Ma ora non è questo che mi interessa raccontare.
Tornando al nostro... protagonista, egli restò per qualche minuto nascosto dentro il cespuglio dove aveva scagliato senza preavviso il prescelto a divenire involucro corporeo: la realtà supera sempre la fantasia e per quanto si valutino i cosiddetti pro e contro l’esperienza diretta stravolge parametri e convinzioni. Perciò la Morte dovette abituarsi a distinguere forme e colori, a sentire odori gradevoli e sgradevoli, ad ascoltare suoni provenienti da ogni dove, a provare caldo e freddo... e a percepire il riverbero dello spavento provato dal suo ignaro ospite...
Comunque non gli ci volle molto per trovare l’equilibrio necessario, era un allievo desideroso di imparare, sufficientemente aperto per assimilare il significato intrinseco di ogni esperienza nel minor tempo necessario. E questo era un vantaggio, soprattutto perché ancora non c’era un maestro.
Uscito dal suo nascondiglio, si mise a camminare con andamento rilassato, cercando di imitare il passo che aveva osservato qualche attimo prima di intervenire sul suo... strumento di interazione nel reale. Cominciò ad assaporare il calore del sole sul corpo - fin troppo caldo - o la luce pomeridiana su tutto il mondo circostante; poté sentire anche qualcosa di invisibile che sentiva accarezzargli il viso con delicatezza; poi, osservò rapito due bambini intenti a scrutarsi l’un l’altro con l’aria di chi sta osservando la novità assoluta... o era lo sguardo interrogativo di chi aveva già visto quel faccino che ora lo guardava con occhi curiosi?
Già gli stava piacendo tutto, era eccitato, si sentiva felice... Felice?! E che strana sensazione era quella che ora lo stava assalendo?
“Gelati! Freschi gelati al gusto di crema, nocciola, banana, avogadro, fragola, lampone!” Morte si sentì inspiegabilmente attratto da quell’annuncio e si avvicinò incuriosito. Visto che se ne restava lì a guardare senza dir niente, l’uomo vestito di bianco gli chiese: “Che gusti, giovanotto?”
“Prego?” disse Morte come risvegliato da un lungo sonno.
“Lo prendiamo un bel gelato?” propose il gelataio con un sorriso accattivante.
“Oh sì, certo, grazie!” rispose Morte.
Scusate l’interruzione... Morte, scusami, vorresti vedere come si chiamava il tuo prescelto e dirmelo? Sai, non è il caso di farti chiamare col tuo vero nome. Non è proprio un nome qualsiasi, capisci? Guarda un po’ se ha dei documenti.
Sì, allora... si chiamava... Belanger Dionisious.
Oh, ora va meglio. Riprendiamo.
“Oh sì, certo, grazie!” rispose Dionisious.
“Cinquanta centesimi” disse l’omino.
“Come?” chiese nuovamente il redivivo.
“Cinquanta centesimi! Moneta, mio caro! Entiende?” ammiccò l’omino, sfregando velocemente pollice e indice della mano sinistra.
“Oh, certo!” disse Dionisious cercando nelle tasche di giacca e pantaloni “Ecco qua... trenta, quaranta e... cinquanta”
“Ed ecco il suo gelato!” disse il gelataio con un sorriso soddisfatto.
Anche il nostro era soddisfatto, riprese la sua prima passeggiata tra i viventi e cominciò ad assaggiare il suo primo gelato. Non poteva credere alle sue nuove papille gustative! Quel gelato era un nettare mai provato!
Tanto era preso dalla nuova entusiasmante esperienza che Dionisious neanche si accorse di venire travolto e sbattuto a terra da una donna sbucata in piena corsa da un sentiero laterale.
“Mi scusi! S’è fatto male?” chiese la donna appena ripresero entrambe la posizione eretta.
“No, non mi sono fatto niente” rispose Dionisious guardando sconsolato ciò che restava della sua leccornia.
“Margie” disse lei allungando la mano.
“Mo... ehm, Dionisious” fece lui rispondendo al gesto. Rimase come sospeso quando sentì la mano di Margie nella sua, non poté fare a meno di portare il suo sguardo sulla stretta appena provata e indugiare in quel contatto.
“Scusi, sa, quando corro sono in una sorta di trance” disse lei per niente turbata dall’atteggiamento di lui.
“Oh no, non fa nulla” ribatté Dionisious lasciando malvolentieri la presa.
“Bene, allora... ci si vede...” disse imbarazzata Margie.
“Ok, ci si vede”
Dionisious rimase a guardarla mentre si allontanava e nello stesso tempo restò in ascolto di tutte le sensazioni che stava sperimentando in quel momento. Provava piacere, imbarazzo, si sentiva fremere... C’era però un’emozione fra le altre che in qualche modo lo turbava, ma ancora non riusciva a definirla.
Decise di prendersi un altro gelato. Poi, tutto contento di poter riprendere la dolce esperienza interrotta, si diresse verso un assembramento di persone che sembravano divertirsi molto a sentire qualcuno che cantava una canzone molto allegra; si sentì coinvolgere dal ritmo che animava tutti i presenti e si accorse che gli piaceva molto.
D’un tratto qualcuno alle spalle gli prese un braccio e gli puntò qualcosa sulla schiena che gli provocò dolore, sentì un fremito che gli partiva dall’intestino e senza avere tempo di reagire fu trascinato dietro un cespuglio lì vicino.
“Dammi tutto quello che hai” intimò una voce minacciosa “o finisci al creatore!”
Dionisious estrasse il portafogli, si tolse l’orologio, l’anello che aveva a un dito e passò il tutto dietro di sé. Il ladro prese tutto quanto frettolosamente e con uno spintone fece sbattere il malcapitato sul tronco di un albero. Dionisious cadde a terra tramortito.
Appena si riprese, si accorse di provare ancora quell’emozione, quella che appena dieci minuti prima non era riuscito a cogliere del tutto, la stessa di cui aveva sentito gli strascichi quando si era impossessato di quel corpo... Cominciò a sudare.
Quella era paura, quella era la sensazione che più emergeva fra tutte le altre. E oltretutto, quella non era una paura qualsiasi, quella era... paura di morire.

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