martedì 27 marzo 2012

Il Generale Inverno

Dopo una lunga battaglia, durata qualche settimana, il Generale Inverno riuscì finalmente a riprendersi il potere: nessuno lo poteva sconfiggere. Era successo che l’Ammiraglio Autunno aveva deciso di prendersi un po’ del tempo del regno d’Inverno, perché si era stancato di poter comandare solo per un periodo così limitato...
Tutto era cominciato quando le Quattro Stagioni Regnanti cominciarono a non andare più d’accordo tra loro. Molto tempo prima, forse all’inizio dei tempi, i quattro avevano deciso di vivere insieme secondo una semplice regola: per la pace e l’uguaglianza di tutti, ogni stagione avrebbe regnato a turno per un periodo di tre mesi, dopodiché, nelle date concordate, avrebbe consegnato lo scettro di comando alla stagione successiva secondo l’ordine stabilito.
Invece, da un certo punto in poi, ognuno di loro aspirò a diventare più importante degli altri e cominciarono i dispetti reciproci: la Granduchessa Estate, fingendo di scordarsene, consegnava lo scettro all’Ammiraglio Autunno sempre più tardi; questi sentendosi tremendamente offeso non riusciva a far altro che piangere per giorni e giorni; il Generale Inverno si divertiva a volte a lanciare un po’ di neve alla Principessa Primavera, la quale invece, sentendosi disorientata, ogni anno continuava a cambiare il suo stile di regno, a volte felice e pieno di colori, a volte intollerante e piagnucoloso, a volte copiando lo stile di altre stagioni.
Erano ormai parecchi anni che le Quattro Stagioni Regnanti non andavano più d’accordo e le cose non fecero che peggiorare.
Ci fu un anno in cui la Granduchessa Estate riuscì a strappare lo scettro alla Principessa Primavera un mese prima del dovuto e lo consegnò all’Ammiraglio Autunno parecchio tempo dopo la data prevista. E oltretutto chiese a Messer Sole di illuminarla e scaldarla per tutto il tempo, tenendo lontano i Corpi Speciali di Nubi e Temporali.
Poco tempo dopo l’Ammiraglio Autunno, quasi a volersi rifare del periodo maltolto, decise di prolungare il suo turno di regnante, schierando a difesa dello scettro di comando le sue migliori guardie, le ormai temute Miti Temperature che resistettero per più di un mese.
Il Generale Inverno era preoccupato, perché oltre all’attacco dell’Ammiraglio, doveva vedersela anche con la Principessa Primavera, che, non volendo restare a guardare, fece di tutto per iniziare il suo regno prima del tempo, cercando oltretutto il modo di prendersi lo scettro direttamente dalle mani dell’Ammiraglio Autunno.
Ma il Generale Inverno era una stagione forte, dura e nonostante le difficotà, ottenne ciò che gli spettava. Certo, non sapeva quanto sarebbe durata, ormai metà del suo tempo se n’era andato e chissà cosa avrebbe escogitato Primavera. Ma intanto poteva rilassarsi un po’ e finalmente vestirsi tutto di bianco, il suo colore preferito e simbolo della sua casata: Madama Neve, la sarta di corte, faceva ogni anno un eccellente lavoro.
Un giorno i Quattro Regnanti decisero che era venuto il momento di incontrarsi per parlare, per cercare di capire perché stesse succedendo tutta quella baraonda. Dopo un bel po’ di tempo che stavano discutendo, pensarono che fosse giunto il momento di chiedere un consiglio a Messer Sole, perché, avendo seguito per tutto il giorno le loro discussioni dall’alto della sua postazione, poteva esprimere un pensiero al di sopra delle parti.
Messer Sole dopo averci pensato un po’, disse così:
“Che volete che vi dica? Non son fatto per suggerire cosa è bene fare per risolvere i vostri problemi. Il mio compito è riscaldare e illuminare dal punto in cui mi trovo. Io non posso sapere cosa sia meglio per il vostro mondo. Secondo me dovreste parlare con i vostri sudditi, perché sono loro che vi hanno portato a questa situazione”
“Che vorresti dire, Messer Sole?” chiese curiosa Primavera.
“Che siamo stati presi per il naso?” aggiunse Inverno.
“Eh sì!” ribatté Sole con un sorriso amaro “Se ci pensate bene, vi accorgerete che sono stati i vostri sudditi a mettervi in testa certe idee!”
“Facci un esempio, Messer Sole” disse Estate.
“Per esempio ci sono molti che amano più il caldo che il freddo” disse il luminoso Sole “oppure altri che preferiscono vedere sempre me piuttosto che Donna Pioggia”
“Se posso fare un altro esempio” continuò Messer Sole dopo una breve pausa “ci sono molti convinti che il loro sistema di vita sia il migliore e fanno di tutto per convincere tutti gli altri che anche a loro conviene godersi la vita, senza preoccuparsi troppo delle conseguenze”
Dopo aver ascoltato queste parole i Quattro Regnanti rimasero pensierosi. Ad ognuno vennero in mente altri esempi al riguardo, progetti e sviluppi che all’inizio parevano fatti nell’interesse di tutti e che invece portavano differenze fra i popoli, nascevano dal desiderio di primeggiare e di togliere di mezzo quelli che potevano dare fastidio…
“Allora…” disse Sole ad un tratto “pensate che sia utile sentire cos’hanno da dire i vostri sudditi?”
“Sì, ma ci vorrebbe un’eternità per sentirli tutti! Sono miliardi e miliardi di persone!” dissero quasi in coro le Stagioni.
“Potreste mandare per il mondo dei messaggeri perché vengano nominati dei rappresentanti che possano parlare a nome di tutti” suggerì Messer Sole.
“E come si farebbe?” chiese Principessa Primavera.
“Indicendo delle elezioni!” rispose il Sole.
“Giusto!” esclamò la Granduchessa Estate “Così dovremmo ascoltarne solo qualche migliaia e forse troveremmo una soluzione in meno tempo!”
“Sì, sarebbe utile in breve tempo” sottolineò Generale Inverno “Perché le cose per me potrebbero mettersi molto male!”
Le Quattro Stagioni ringraziarono Messer Sole dei suoi suggerimenti e cominiciarono ad organizzare l’invio dei loro messaggeri in tutti i continenti.
Dopo un po’ di tempo vennero a sapere che tutti i rappresentanti erano stati nominati, quindi poterono chiamarli per ascoltare le loro osservazioni e valutare le proposte per migliorare le cose.
Passò ancora molto tempo prima che i Quattro Regnanti avessero ascoltato tutto quello che ogni rappresentante aveva da dire; ci furono giorni in cui temettero di dover ascoltare alcuni degli eletti per il resto della loro vita, tante erano le cose che avevano da dire.
Quando ebbero finito di ascoltare tutti, le Stagioni si riunirono un po’ sconsolate.
“Ci fosse stato qualcuno che avesse dato lo stesso suggerimento…” si lamentò l’Ammiraglio Autunno.
“E quante motivazioni hanno tirato fuori altri per dire che la migliore idea era la loro!” sbuffò la Granduchessa Estate.
“Perché? Erano forse pochi quelli che preferivano non immischiarsi o che preferivano che le cose rimanessero come sono?” chiese stizzito il Generale Inverno.
Visto che la Principessa Primavera restava con lo sguardo basso senza dire una parola, gli altri tre le chiesero in coro: “Tu che dici Primavera?”
“Io… non ce la faccio più!” disse la Principessa quasi piagnucolando “E nemmeno voglio più farmi strappare lo scettro dalla Granduchessa, né cercare di portarlo via al Generale e neanche vedere l’Ammiraglio che vuole rifarsi dei torti subiti!”
“Qui c’è solo una cosa da fare!” disse deciso il Generale Inverno.
“E cosa?” chiesero gli altri tutti insieme.
“Rivedere tutte le idee, capire quali si assomigliano e poi risentire ancora i nostri amati sudditi, fino a che capiremo esattamente la giusta via da percorrere” sentenziò il Generale.
“Risentirli ancora?” chiese la Granduchessa.
“Non finiremo mai!” disse l’Ammiraglio scuotendo la testa.
Primavera ricominciò a piagnucolare.
“Su su!” incitò Inverno “Coraggio! Qui non c’è più da perdere tempo! Dobbiamo aiutare gli abitanti del nostro regno a trovare l’idea comune che ci faccia cambiare atteggiamento”
“Potremmo farlo lo stesso senza chiedere a loro…” suggerì Autunno.
“Se è per i loro atteggiamenti che noi siamo così dispettosi gli uni con gli altri” sostenne il Generale Inverno “per migliorare le cose è necessario che siano loro a cambiare il loro modo di fare”
“E se non ci riuscissimo?” chiese incerta Primavera.
“La battaglia sarà lunga” rispose Inverno “ma non ci dobbiamo arrendere; se sapremo tener duro, qualche risultato lo otterremo, ve lo garantisco!”
“Speriamo…” dissero in coro gli altri con tono titubante.
“Sì! Certo! Ecco cosa ci vuole: speranza!” affermò il Generale “Ma la speranza ha bisogno che noi ci diamo da fare. E anche i nostri sudditi dovranno darsi molto da fare per far tornare il nostro mondo un posto dove vivere felici e in pace! Perciò… al lavoro!”

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