giovedì 21 giugno 2012

La scuola della musica dal vivo


Il cortile era pienissimo di gente, c’erano persone più o meno giovani, uomini e donne, musicisti, cantanti o semplici appassionati. Tutti attendevano di essere chiamati per sostenere l’audizione superata la quale era possibile frequentare i corsi di quella che fu chiamata ‘La scuola della musica dal vivo’.
Era circa un anno che tutti i mezzi di comunicazione pubblicizzavano questa novità. Radio, giornali, televisioni e affissioni lanciavano slogan di ogni tipo, che venivano rinnovati di settimana in settimana: era necessario tener vivo l’interesse per una proposta che sembrava rivoluzionare il mondo della musica.
Non vedo l’ora di far sentire le mie canzoni” diceva qualcuno.
Chissà come ci si divertirà!” ipotizzava qualcun altro.
Buongiorno e benvenuti a tutti!” si sentì improvvisamente dagli altoparlanti “Sono Giona Cabis, uno dei fondatori e preside della ‘Scuola della musica dal vivo’. Prima di dare inizio alle audizioni, tenevo a dire a tutti quanti... che non dovete farvi troppe illusioni... di realizzare i vostri sogni, nel caso sarete ammessi ai corsi. Ho sentito qualcuno che diceva di voler diventare un grande compositore, altri che sognano di migliorare il proprio canto, altri ancora che vogliono affinare la propria tecnica... Be’, non è questo l’approccio giusto per divenire allievi di questa scuola”
Il preside sembrava non volesse continuare il suo discorso e dopo un lungo momento di silenzio - a parte il brusio generale a commento di quanto sentito - qualcuno domandò:
Allora? Qual è il giusto approccio?”
Oh, finalmente!” disse Giona Cabis al microfono “Pensavo che ormai nessuno si sarebbe azzardato a chiederlo, ero già pronto a chiudere i battenti ancor prima di iniziare. Intanto toglietevi dalla testa qualsiasi aspettativa, e poi quelli che saranno ammessi scopriranno qual è la giusta predisposizione. Ed ora si dia inizio alle audizioni, i risultati saranno resi noti domani mattina”
Il brusio riprese corposo, le persone esprimevano dubbi, domande su come mettere da parte le proprie aspettative, qualcuno se ne andò deluso, altri sentirono crescere la propria curiosità.
Ci vollero parecchie ore perché tutti gli aspiranti allievi fossero ascoltati; man mano che il tempo passava il cortile si svuotava, anche se molti erano rimasti tutto il tempo, alcuni ad aspettare gli amici con cui erano venuti, altri per chiacchierare con l’amico appena conosciuto, altri ancora che speravano di scoprire di lì a poco quale fosse l’arcano di quella scuola. Si formarono qua e là anche dei piccoli assembramenti, a creare mini-concerti nati attorno a chi aveva iniziato a suonare qualcosa, a cantare una melodia, o si era avvicinato solo per ascoltare e poi si era trovato a scandire il tempo schioccando le dita. Non pochi si fermarono tutta la notte.
Il mattino seguente, alle nove in punto, vennero esposti i risultati delle audizioni. I primi che cercarono il proprio nome fra quelli elencati, furono naturalmente quelli che dormirono in quel grande cortile. Furono anche i primi a meravigliarsi del fatto che erano stati ammessi tutti quanti! Com’era possibile? Che senso avevano avuto le audizioni? E come si sarebbero svolte le lezioni con un numero così elevato di allievi? Le reazioni degli aspiranti furono molto variegate: ci fu chi si sentì preso in giro, chi sentì solleticare ancor di più la propria curiosità, chi esigeva delle spiegazioni, chi pensava di cominciare a capire come funzionavano le cose alla scuola della musica dal vivo.
Finalmente, verso le undici e trenta, uscirono il preside e tutti coloro che con tutta probabilità - chi poteva saperlo con certezza? - sarebbero stati i docenti.
Il signor Cabis prese il microfono e disse:
Buongiorno”
Nessuno rispose, non c’era brusio. Ma il silenzio in quel cortile era molto eloquente.
Prima lezione” disse Cabis “aspettarsi di tutto”
Il silenzio persisteva.
Seconda lezione...” continuò il preside.
Non aspettarsi niente?” chiese qualcuno a voce alta.
Un lieve brusio prese il posto del silenzio.
Esatto!” fece Cabis “Qualcuno comincia a capire”
E chi non capisce?” chiese un’altra voce.
Chi non capisce...” disse il preside alzando le spalle “può scegliere di restare e cercare di capire oppure se ne può andare continuando a non capire”
Il brusio di fece più intenso. Molti degli ammessi se ne andarono.
Cabis lasciò che gli allievi si confrontassero fra loro e dopo qualche minuto chiese: “Ci sono altre domande?”
Il silenzio tornò sovrano, ma ora si sentiva che era per ascoltare. Cabis si voltò verso i suoi colleghi e fece loro un sorriso d’intesa. Si poteva cominciare.
Terza lezione” disse al microfono “Chi suona uno strumento si prepari a suonarlo come non ha mai fatto, chi canta non pensi di farlo come un cantante, chi vorrebbe solo ascoltare cominci a sentire il ritmo pulsante del suo cuore”
Gli allievi cominciarono ad appassionarsi alla cosa, glielo si poteva leggere negli occhi, si capiva dall’attenzione con cui seguivano quelle... prime lezioni. Nessuno aveva sentito parlare così una persona, sentivano che sarebbe stata una grande avventura, qualsiasi cosa questo significasse.
Quarta lezione” continuò Cabis “Vi ho detto che dovete aspettarvi di tutto e nello stesso tempo non aspettarvi niente da questa scuola. Ciò che vi dovete aspettare, comunque, è che alla fine di questo percorso, che nessuno sa quanto durerà, ciò che avrete imparato non sarà fare musica, ma come farvi musica”
Il preside scandì le ultime parole molto lentamente.
Poi cominciò a segnare il ritmo battendo un dito sul microfono e tutti i presenti si unirono come meglio sentivano, chi con gli strumenti, chi con la voce, chi con le mani, persino con i piedi; man mano che il brano prendeva forma, gli allievi si resero conto di aver appena dato vita al primo concerto della Scuola della musica dal vivo.
E questo era solo l’inizio. Ciò che impararono in seguito nessuno lo seppe mai spiegare chiaramente; su una cosa erano d’accordo: si sentivano tutti più vivi che mai.

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