domenica 24 giugno 2012

Un cerchio nel cielo

Questa non è la storia di una nube cupa e minacciosa che incombe su persone e personaggi poco fortunati o che accompagna famiglie a dir poco strane e fuori dagli schemi, mentre il resto del cielo è limpido e il sole illumina il mondo circostante.
No.
Questa è proprio una storia completamente diversa.
E’ la storia di un omino piccolo piccolo, che portava avanti la sua vita quotidiana con assoluta tranquillità e pacatezza. Lui diceva di vivere una vita assolutamente normale, ma appena saprete che cosa gli successe in un giorno come tanti, sono certo che non potrete fare a meno di rimanere a bocca aperta e con gli occhi spalancati dalla meraviglia.
Tutti in paese conoscevano... Parlottino (già il nome...), chi di più, chi di meno, chi solo di vista, chi lo considerava un amico.
Il primo che si accorse di ciò che successe a Parlottino, fu uno dei saggi del paese, soprannominato il Robusto, a causa della sua prestanza fisica e in particolare del suo peso. Un giorno che era seduto su una panchina del giardino che confinava con casa sua, a godersi quei pochi raggi di sole che filtravano da un cielo pieno di nuvole come non si era visto da molti mesi, vide giungere a passi corti e svelti l’omino vestito molto elegantemente, con tanto di cappello e bastone da passeggio. Man mano che Parlottino avanzava sul vialetto del parco, il Robusto si rendeva conto che il piccoletto - così lo chiamava affettuosamente - stava canticchiando a bocca chiusa un allegro motivetto che lui aveva imparato quando andava alla scuola elementare. ‘Non ci posso credere!’ si disse il Robusto ‘E come fa quel nanetto a conoscere quella canzone?’
Di un’altra cosa si accorse il saggio, mentre guardava Parlottino avvicinarsi. Gli si aprì la bocca di botto e gli occhi si spalancarono a più non posso, e dopo un attimo sussurrò tra sè e sé: “Se lo racconto agli amici dell’osteria non mi crederanno mai!”. Voleva chiedere all’ometto che gli passò davanti che cosa stesse succedendo, ma tale fu lo stupore che non riuscì nemmeno a dire ‘che’.
Un’altra persona incontrò quel piccolo uomo in quello stesso giorno, era la giovane sposa del sindaco del paese; la chiamavano la Normanna perché, oltre ad essere una donna alta e dall’aspetto regale, aveva i capelli biondo platino, proprio come i popoli che vivono vicino ai mari del nord. Stava amabilmente chiacchierando con alcune amiche quando vide in lontananza apparire il nostro piccoletto, vestito di tutto punto e con un sorriso tremendamente simpatico; il suo passo buffamente saltellante la metteva di buon umore più di quanto non lo fosse già di suo. Ogni tanto, mentre ascoltava un’amica o l’altra, lo guardava avvicinarsi. Questo fino a che non riuscì più a staccare lo sguardo da Parlottino; senza riuscire a dire una sola parola alzò il braccio e puntò l’indice verso di lui e le amiche che erano con lei non poterono far altro che girarsi per guardare ciò che la Normanna stava indicando. Tutte seguirono con sguardo incredulo quel nanetto che passava di fronte a loro; e lui con molta galanteria alzò il cappello in segno di saluto.
Prima di svelare cosa stava succedendo a Parlottino, vi devo raccontare un altro incontro che fece il piccolo uomo in quel giorno tanto particolare, e cioè con il sottoscritto. A quel tempo io mi occupavo delle notizie riguardanti la vita del paese, in pratica curavo un piccolo giornale locale che veniva stampato una volta alla settimana. Venni incaricato dal consiglio comunale di svolgere questo compito per cercare di risolvere un problema che, per una comunità così piccola come quella in cui vivevo, aveva raggiunto dimensioni assolutamente inaccettabili: i pettegolezzi. Era talmente diffuso questo problema che ormai ognuno non raccontava più i fatti propri, ma quello che sentiva dire di sé dagli altri cittadini.
Quel giorno, appena finito di lavorare, decisi che mi meritavo una bella passeggiata rilassante lungo il torrente che scorreva a sud del mio paesello. Camminavo senza guardare avanti, con passo lento e regolare, finché sentii dietro di me i passi veloci e ben scanditi di qualcuno che si stava avvicinando. ‘Che fretta!’ mi dissi prima di vedere che la persona che mi stava raggiungendo era Parlottino. “Buongiorno!” mi disse gaiamente l’omino levandosi il cappello. “Buongiorno!” risposi io chinandomi in avanti. “Bella giornata oggi, eh?” fece lui. “Be’, non male, direi” dissi io. Facemmo un po’ di strada insieme, io col mio passo rotondo e regolare, lui col suo passo svelto e saltellante, parlando del più e del meno o commentando i fatti riportati sull’ultima edizione del giornale del paese. Finché camminammo fianco a fianco tutto pareva normale, se non che sembrava che il sole riuscisse finalmente a filtrare un po’ di più fra le nubi.
Ad un certo punto l’ometto mi salutò e accelerò il suo agile passo; mentre lo guardavo allontanarsi notai che il sole sopra di me era di nuovo scomparso, e invece era luminoso e brillante sopra la testa di Parlottino. Stupefatto di quel fenomeno, mi fermai, alzai gli occhi verso l’alto e vidi fra le grigie nubi un cerchio di cielo azzurro, da cui filtrava la luce del sole che illuminava il piccolo uomo e si spostava con lui, seguendolo ovunque andasse: mi sembrò il faro puntato sul protagonista di un grande spettacolo.
Per i giorni a venire non si parlò d’altro in paese; e il bello è che da quel giorno in poi nessuno seppe dire se si fosse trattato di un’allucinazione generale o se fosse stato l’ennesimo pettegolezzo inventato da chissà chi, perché le persone potessero avere qualcosa di cui discutere quando si incontravano per la strada. Se così fosse stato io avrei certamente perso il mio incarico di narratore della realtà.

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