martedì 5 giugno 2012

Pastiche

Eugenio Lapillola veniva preso in giro da amici e conoscenti sin dall’età della pietra... no... ehm... così indietro nel tempo non può essere...
Dunque, vediamo... Eugenio Lapillola veniva preso in giro da amici e conoscenti dall’età... ah già! Che sciocco sono!
Eugenio Lapillola veniva preso in giro da amici e conoscenti sin dall’età dell’infanzia, da quando era nato tutti lo chiamavano Pasticca.
Tutto cominciò il giorno in cui venne al mondo. Era talmente piccolo e gracile che l’ostetrica di turno, presa dalla commozione e dalla tenerezza, non riuscì a trattenersi e con le lacrime agli occhi disse: “Sembra una pasticca!”
Visto il silenzio di tomba che si era creato fra i presenti e gli occhi sconcertati della partoriente, l’ostetrica con un sorriso imbarazzato si corresse: “Sembra... un pasticcino, ecco... eh eh... è questo che volevo dire”
Ma ormai il pasticcio... ehm, no... scusate... la frittata era fatta. In poche ore tutto il paese aveva saputo dell’accaduto; e tanto in fretta i compaesani avevano saputo, che riuscirono ad organizzarsi per far trovare sopra il portone della casa del neonato uno striscione di benvenuto, scritto con caratteri ben disegnati e decorato con ghirlande di fiori di carta.
Cosa c’era scritto?
Ma sì... una semplice frase di benvenuto...
Devo dirlo? Devo proprio?
Va be’; io, come disse il romano, me ne lavo le mani. Sullo striscione c’era scritto così: “Benvenuto Pasticca! Che tu sia sempre pieno di salute!”
Potete immaginare lo sconcerto di mamma e papà Lapillola nel giorno di ritorno a casa quando videro... quella specie di augurio strafottente! A quanto pare anche il piccolo Eugenio ne risentì, perché improvvisamente scoppiò in un pianto disperato che nemmeno le tre poppate successive riuscirono a contenere.
Gli anni passarono, Pastic... no no no... volevo dire Eugenio cresceva bello sano e forte. Una forza che in parte gli veniva dalla sofferenza dell’essere additato, ma aveva imparato a farsi valere con chi decideva di affrontarlo a viso aperto.
A dispetto della sicurezza orgogliosamente esternata, quel soprannome sussurrato ogni santo giorno ad ogni angolo del paese gli pesava sempre di più.
Compiuta la maggiore età decise di andarsene all’estero, dove nessuno lo conosceva e dove avrebbe potuto costruirsi una nuova vita in santa pace, benché lontano da mamma e papà che amava tanto.
Passarono altri anni, nessuno in paese sembrava ricordarsi ormai di Pasticca; o meglio: qualcuno si chiedeva ogni tanto se altri ne avessero avuto notizie, ma non ricevendo risposte certe, tanto meno dai suoi familiari, tornava ad interessarsi delle proprie cose come aveva fatto poco prima.
Un giorno arrivò il circo; il tendone venne innalzato proprio accanto al campo sportivo comunale. I manifesti di cui vennero tappezzati i muri di case e palazzi annunciavano festa grande e divertimento garantito. I bambini erano follemente eccitati dalla possibilità di vedere lo spettacolo, perché un circo da quelle parti non era mai arrivato. Oltretutto era il Grande Circo di Francia e questo sembrava incuriosire ancora di più tutti quanti.
Il giorno del primo spettacolo tutti i posti sotto il tendone erano occupati e tutti gli spettatori aspettavano con impazienza l’entrata degli artisti per applaudire le loro mirabolanti esibizioni. Così si susseguirono giocolieri, trapezisti, animali, domatori... fino al momento più atteso dai bambini, il momento dei clowns.
Ed ora, mesdames e messieurs” annunciò il direttore con il tipico accento francese “sono veramente felice di presentarvi la stella del nostro circo; bambini e bambine, preparatevi a ridere a crepapelle, perché è venuto il momento di far entrare il grande Paaaaastiiiiiiche!!!”
E con una musica allegra e spumeggiante arrivò di gran corsa il clown Pastiche, su un triciclo gigante, pieno di colori sfavillanti. Iniziò a girare attorno alla pista, salutando con gran foga tutti i bambini posti in prima fila e dopo i primi giri cominciarono pantomime e ruzzoloni che fecero divertire il piccolo e grande pubblico in maniera superba.
Dopo alcuni minuti di risate rimbombanti e grida di gioia, Pastiche simulò uno starnuto: “Eeeeh... eeeeeeehh... eeeeetchù!!”
E tutti gli spettatori risposero in coro: “Salute!”
Allora Pastiche cominciò a parlare: “Eh già” disse con accento francese “voi ridete, ma qui rischio di prendermi un bel rafredore” E con un fazzoletto che sembrava un asciugamano si soffiò il naso rumorosamente e tutti quanti risero di nuovo a gran voce.
Ah, vi divertite alle mie spale, eh?” disse il clown dopo un altro starnuto.
Ti ci vorrebbe una pasticca!” urlò un bambino dopo un altro attacco di risa generale. E subito... si fece un silenzio di tomba.
Oh, se è per questo, picolo mio...” disse calmo Pastiche dopo essersi avvicinato “io sono... una pastica vivente!!!” gridò improvvisamente. E togliendo dalla tasca una grande scatola di caramelle cominciò a distribuirle a piene mani a tutti i bambini presenti, mentre la musica con cui era entrato in pista riprese allegra e spumeggiante. Poi, dopo un ultimo lancio di caramelle, il clown Pastiche, al secolo Eugenio Lapillola ribattezzato Pasticca, prese il suo grande triciclo colorato e uscì di scena fra gli applausi scroscianti di grandi e piccini.

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