venerdì 15 giugno 2012

Una strada lastricata nel bosco

Ludovico stava passeggiando con spensieratezza lungo un sentiero nel bosco dietro il castello di suo padre, quando ad un certo punto si fermò di colpo: si girò indietro e si accorse che da qualche centinaio di metri non stava più camminando su un sentiero fatto di terra e sassi; no, era una strada lastricata, fatta di lastre di marmo di varie forme, ma tutte, tutte bianche.
“Che ci fa una strada così conciata nel nostro bosco millenario?” si chiese a ragione Ludovico. E con questa domanda in testa, ancora senza risposta, ricominciò a camminare nella stessa direzione verso cui stava andando prima di fermarsi a notare quella stranezza. Camminò a lungo, quella strada bianca sembrava non finire: un po’ saliva, un po’ scendeva, faceva un’ampia curva, poi sembrava ritornare... ma capire dove andasse a finire esattamente pareva non fosse possibile saperlo.
Ad un certo punto Ludovico si fermò, erano ore che stava camminando e altrettante ore doveva camminare per tornare al castello.
“Ci tornerò domani” disse tra sé “ma in groppa a Giacinto, il mio destriero”
Quando arrivò al castello non parlò con nessuno di ciò che aveva visto, prima doveva scoprire dove conduceva quel sentiero... ormai un ex-sentiero, sembrava il pavimento della sua camera da letto.
Così, la mattina dopo, alzatosi molto presto, si recò alle stalle dove sellò personalmente il suo cavallo.
“Oggi Giacinto ti porto a vedere una cosa...” disse al cavallo mentre gli infilava il morso e le briglie “Non te lo potresti proprio immaginare, caro mio”
Il cavallo, giratosi verso il suo cavaliere, sembrava guardarlo con aria interrogativa.
Si avviarono verso il bosco quando il sole aveva appena iniziato a filtrare fra gli alberi.
Con sua grande sorpresa, Ludovico notò che la parte lastricata del sentiero iniziava a poche centinaia di metri dal castello; fermò il cavallo, si volse indietro, guardò ancora avanti e poi si disse:
“Ieri non cominciava in questo punto, qualcuno stanotte si è dato un gran da fare” Ripresero il cammino al trotto, gli zoccoli di Giacinto risuonavano sulle lastre di marmo come se passeggiasse per le stanze del castello.
Ci vollero comunque alcune ore per giungere al punto in cui il sentiero finiva. A qualche centinaio di metri da quel luogo Ludovico scese da cavallo e si avviò a piedi con Giacinto al seguito.
Man mano che si avvicinava il cavaliere sembrava ricordarsi di quel luogo, di quello che aveva provato la prima volta che suo padre ce l’aveva portato e di tutte le volte che ci era stato fino all’età di sei anni. Si stupì della chiarezza con cui ricordava le esperienze legate a quel posto, non ci aveva più pensato.
C’era una casa fatta di pietre, con un tetto molto alto e spiovente, ricoperto completamente di rami secchi e di paglia. Dal camino usciva del fumo, il che significava che ci abitava ancora qualcuno.
“Non sarà ancora il vecchio Melandro?” si chiese perplesso Ludovico.
Legato il cavallo allo steccato che circondava la casa, si avvicinò con passo lento alla porta d’entrata, aperta come lo era sempre quando ci veniva da bambino. Arrivato sulla soglia si fermò un po’ ad osservare la casa, la facciata con le due finestrelle rettangolari, i vasi di legno sui davanzali con fiori d’ogni genere, la trave sopra la porta con inciso il nome di Melandro e la forma stilizzata di una faretra ed un arco pronto a scoccare una freccia; poi si girò a guardare il terreno circoscritto dallo steccato, l’orto sulla destra con ogni sorta di ortaggi, l’abbeveratoio per gli animali del bosco, vicino al punto di entrata; il piccolo pozzo sul quale suo padre lo aiutava ad arrampicarsi per sentire l’eco della sua voce mentre cantava quella buffa nenia che gli aveva insegnato donna Miriam, la sua nutrice. Quanti ricordi!
Si girò per bussare alla porta, ma si trovò davanti... il vecchio Melandro? Sì, era proprio lui che lo guardava con i suoi occhi verdi luccicanti, uno sguardo tanto intenso quanto dolce e il sorriso appena accennato sulle labbra... sembrava non fosse invecchiato per niente.
Restarono così per lunghi istanti, a guardarsi negli occhi; poi si abbracciarono ed infine entrarono nella casa. Appena entrato Ludovico si lasciò invadere dall’odore delle erbe appese sopra il camino, della legna bruciata, della paglia del tetto... e ad ogni profumo emergeva un ricordo.
Melandro, con un gesto della mano, lo invitò a sedersi al grande tavolo centrale, prese due boccali e versò della birra. Fecero un brindisi a quell’incontro dopo tutti quegli anni.
“Venticinque anni!” disse Ludovico guardando negli occhi l’amico.
“Già!” disse il vecchio con un filo di voce.
“Sono opera tua quelle lastre di marmo sul sentiero, vero?” chiese il cavaliere.
“E di chi altri se no?” ribatté sorridente Melandro “Io dovetti partire, ma ti avevo promesso che ci saremmo rivisti, no?”
“Solo che non mi avevi detto...” Ludovico si interruppe preso da un nuovo ricordo “Le nostre strade si incontreranno ancora, mi dicesti”
“E se non si incontreranno...” cominciò a dire il vecchio.
“...faremo in modo che si incontrino” completò il giovane. Poi aggiunse:
“Sono stati momenti importanti quelli che ho passato con te”
“Lo so” disse Melandro commuovendosi “Sono stati importanti anche per me, sei stato il figlio che non ho mai avuto”
“Ed io mi sentivo tuo figlio, nonostante un padre ce l’avessi” Poi seguendo un altro ricordo, Ludovico disse: “Stai per lasciare questo mondo, vero? Avevi detto che speravi ci rivedessimo presto, o almeno prima che tu morissi”
“Ti ricordi proprio tutto?” disse Melandro con un sorriso triste “Non potevo andarmene senza mantenere l’unica promessa che mi stava a cuore”
Il giovane cavaliere rimase col suo vecchio amico per l’intera giornata. Mentre stava per tornarsene al castello disse a Melandro che sarebbe ritornato nei giorni a seguire per stare con lui fino al momento estremo; ma quando arrivò il mattino dopo col suo fedele Giacinto, capì ancor prima di entrare nella vecchia casa che l’attempato cavaliere era già in viaggio per la sua ultima missione.

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